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Siamo nel pieno del tentativo di
smaltimento delle sofferenze bancarie, un’ampia fetta delle quali sono legate a
prestiti immobiliari, una volta considerati sicurissimi (i valori ipotecari
periziati dovevano essere il doppio del valore del finanziamento) oggi
difficilmente recuperabili integralmente e come tale classificati a sofferenza.
La corsa delle banche a trovare accordi con specialisti del settore che
acquistino o ancora meglio sappiano gestire portafogli di crediti immobiliari
si sta intensificando.
1. Quanto è importante il settore
delle costruzioni sull’economia italiana?
Risposta: molto e dal 1999 al
2008 è stato trainante con tassi di crescita importanti.
2. Quanto solide erano le imprese
di costruzioni nel periodo pre e post crisi?
Risposta: non tantissimo.
Sicuramente sono sempre state molto più indebitate delle altre imprese
(leverage 70% contro una media dell’economia del 52%). Essendo indebitate
pagavano anche oneri finanziari doppi delle altre imprese con un’incidenza del
40% sul MOL. Un costo elevato ma sopportabile perché poi si vendeva tutto e si
faceva un bel 30% secco di profitto, su un capitale investito minimo. Tutto
filava bene per i piccoli e grandi costruttori e per tutte le banche che li
finanziavano a pioggia, progetto dopo progetto.
3. Come è stata la dinamica del
finanziamento immobiliare?
Risposta: poco lungimirante.
Interessante il terzo grafico che mostra caratteristiche tipiche del settore
costruzioni: l’entità dei lavori in corso (ovviamente finanziati da mutui SAL)
che dal 1997 oscilla tra il 150% e il 100% del fatturato (le vendite o gli
appalti pagati). Ma dal 2006 le vendite rallentano e il rapporto comincia
stabilmente a deteriorarsi fino ad arrivare al 180% del 2012. Non tanto perché,
come accadeva nel periodo d’oro, si fosse fatto partire un secondo cantiere
prima di finire e vendere il primo, ma perché i tempi di vendita si allungavano
a causa della crisi di domanda. Le rimanenze non sono più lavori in corso ma sono
unità immobiliari finite e non vendute.
4. Le banche italiane avevano
capito i rischi?
Risposta: direi di no. Il grafico
successivo nella parte a destra mostra come il sistema bancario abbia concesso
credito in modo alquanto generoso fino al 2008 e in questa strana generosità il
credito alle imprese di costruzioni è stato più abbondante della media sino al
2011, quando è iniziata la precipitosa ritirata del sistema bancario.
5. Chi ha concesso mutui ai
costruttori?
Risposta: praticamente tutte le
banche, popolari, piccoli crediti cooperativi, grandi banche e leasing. Fino al
2008 con tassi di crescita di oltre il 10% (!). Come visto solo dal 2010 si è cominciato
a tirare il freno. Le grandi banche un po’ prima e un po’ di più delle medie e
piccole.
6. Com’è andata a finire?
Risposta: male, malissimo. Dal
2009 i tassi di ingresso a sofferenza (quindi di incapacità di rimborsare i
mutui) si sono raddoppiati. Nel 2012 per le grandi imprese triplicati. Chi ha
preso la sberla peggiore? Le grandi banche, ovviamente, perché finanziavano i
grandi progetti. L’impennata dei default tra il 2011 e il 2013 è
impressionante.
7. Adesso cosa si fa?
Risposta: non lo sa bene nessuno.
La soluzione Bad Bank alla spagnola (SAREB) non sembra più possibile, la BCE
sta mettendo vincoli e paletti ma intanto il monte di sofferenze e incagli è
arrivato al 35% di quanto è stato erogato e non ancora rimborsato. Possibilità
che le imprese della filiera abbiano flussi o rivoli di cassa per pagare? Poche.
Si rientra solo vendendo o svendendo. Possibilità per le banche di realizzare
il valore immobiliare esauribile attraverso le ipoteche? Dubbio, soprattutto
nel breve periodo perché distruggerebbe definitivamente i prezzi di mercato.
Quindi rimane solo la soluzione di uno smaltimento lento con qualcuno (i
privati) che si accolli il compito di avere pazienza e qualcuno (lo Stato) che
ci metta una buona parola e qualche garanzia.
8. Facciamo un po’ di
autocritica?
Risposta: sarebbe il minimo.
Queste ultime tavole della Banca d’Italia certificano che fino al 2009 il
sistema bancario ha continuato a erogare mutui a società della filiera
immobiliare che a) erano in perdita b) avevano un elevato livello d’invenduto
c) erano finanziariamente fragili e d) erano già molto indebitate. Le sofferenze che ne sono scaturite sono la
naturale conseguenza di politiche del credito anestetizzate dall’abitudine a
fare tanti mutui ai costruttori. Poiché ai vertici delle banche c’erano negli
anni 2007-2009 più o meno gli stessi amministratori che sono stati osannati per
avere costruito la crescita delle banche magari qualche riflessione in più
sulla loro capacità di analisi prospettica dei rischi andrebbe fatta.
Accantonare centinaia di milioni di nuove sofferenze immobiliari ogni anno più
che ‘coraggioso’ sembra essere uguale a chiudere le stalle quando i buoi sono
scappati.
Tirando le somme:
- la bolla immobiliare italiana
esiste eccome
- è stato normale finanziare
l’industria delle costruzioni fino al 2005-2006, ma un po’ meno proseguire fino
al 2010 quando il rallentamento dell’economia e la crisi finanziaria erano già
in atto. Un effetto inerziale ma miope
- l’errore è stato generalizzato.
Praticamente tutte le banche sono cadute nella trappola immobiliare
- per la filiera immobiliare la
facilità di finanziamento è stata una grande abbuffata per circa 40 anni, adesso
si pagano tutti i conti.